Il silenzio dei pigmenti: quando il colore scompare
Chi lavora con gli affreschi sa che il colore non scompare mai davvero: cambia, si nasconde, si trasforma. Spesso la perdita cromatica non è distruzione ma metamorfosi chimica. L’ocra diventa grigia, l’azzurro si dissolve, il rosso si spegne.
Capire il perché è un passo essenziale del restauro. L’ossidazione dei pigmenti, l’interazione con sali solubili, l’infiltrazione d’acqua: ogni fenomeno lascia una traccia leggibile. Gli strumenti moderni — come la fluorescenza X o la spettroscopia Raman — aiutano a ricostruire la tavolozza originale senza doverla reinventare.
Il colore perduto non va mai reinventato. Il restauratore interviene con discrezione, suggerendo, non sostituendo. La reintegrazione cromatica restituisce armonia visiva, ma lascia sempre distinguere l’intervento moderno dall’opera antica. È un dialogo di trasparenze tra ciò che è stato e ciò che resta.