Il respiro dell’argilla: comprendere la natura della ceramica antica
“La ceramica è terra che ha conosciuto il fuoco.” — Bernard Leach
Le ceramiche, dai vasi greci ai rivestimenti medievali, rappresentano una fusione perfetta tra elementi naturali: terra, acqua, aria e fuoco. Questa unione fragile ma resistente definisce anche il modo in cui il restauratore deve avvicinarsi: con consapevolezza dei limiti meccanici e chimici del materiale.
Ogni intervento inizia da una diagnosi accurata. Analisi visive e spettrometriche determinano la composizione dell’impasto (argilla calcarea, silicea o caolinica), la presenza di rivestimenti o smalti e la compatibilità con eventuali collanti o reintegrazioni. Si osservano microfratture, distacchi e perdite di coesione.
Segue la fase di progettazione, dove si definiscono strategie conservative: consolidamento con silice colloidale o resine acriliche a bassa concentrazione, stuccature reversibili e adesivi neutri. Ogni integrazione deve rispettare l’equilibrio cromatico e il valore storico.
Durante l’intervento, la pulitura è spesso la fase più delicata: la rimozione di concrezioni calcaree, vecchie colle o vernici richiede test di solubilità e grande pazienza. Infine, nella verifica, si controlla la stabilità dei collanti e l’assenza di tensioni residue.
Restaurare una ceramica è restituire voce alla terra che l’ha generata: “Ogni frammento ritrovato è un dialogo tra l’uomo e la materia.”